CAMPO IMPERATORE, LA RICCHEZZA DELLA SOCIETÀ PASTORALE

Campo Imperatore, la ricchezza dei pastori
E. Canziani, “Pastore che suona la zampogna”, da E. Canziani, Attraverso gli Appennini e le terre degli Abruzzi. Paesaggi e vita paesana, Synapsi Edizioni, Sulmona 2014.

Nell’immaginario comune pensiamo la montagna come un luogo selvaggio, aspro, lontano dai clamori delle vicende umane. Ciò non vale per l’altopiano di Campo Imperatore: le sue dune e le sue praterie solitarie sono i testimoni di una storia secolare di lotte di potere, di interessi e conflitti di origine cittadina, sono la proiezione in altitudine dell’organizzazione sociale dell’antico contado aquilano[1].

Due versanti, due storie diverse e complementari: il Gran Sasso d’Italia, il massiccio più alto dell’Appennino, separa nella sua maestosità i due paesaggi dell’Abruzzo attuale, quello marino e quello montano. Si divide nel versante settentrionale teramano, caratterizzato nel corso dei secoli da un’economia prevalentemente agricola, e nel versante meridionale aquilano, costituito da altopiani ricchissimi di erbe da maggio ad agosto; qui prospera “un’erba sottilissima, ma non cresce più d’un dito, ma è foltissima et ingrassa le pecore assai”, come scrisse nel Cinquecento l’ingegnere militare Francesco De Marchi. Storicamente, lo sfruttamento umano dei pascoli condusse a conflitti di ogni genere, ma anche ad alleanze durature tra entità politiche confinanti e a delicati equilibri sociali[2].

Universitas intus et Univeristas extra

Le montagne abruzzesi, compreso l’altopiano di Campo Imperatore, furono protette e curate dalle popolazioni pedemontane locali, le stesse che concorsero nel Duecento alla fondazione della città di Aquila. Come è noto, infatti, gli abitanti dei castelli vennero ad abitare in città, mantenendo al suo interno il nome del castello di origine e costituendosi in universitas intus, cioè come popolazione “dentro” le mura; gli esterni, come si evince dalla documentazione archivistica, vennero a formare l’universitas extra, “fuori” le mura. La rendita delle risorse montane interessò nei secoli sia gli abitanti intus che extra, che costituivano il contado (con un’estensione, come riporta De Marchi, dalle diciotto alle venti miglia a partire da Aquila).

La neonata città diventò ben presto il cuore commerciale di questo territorio, che dall’esterno forniva i prodotti alimentari. La materia prima dei pascoli ovini transumanti veniva destinata in parte alla sviluppata manifattura locale, in parte all’esportazione. Nel Trecento, in particolare, i documenti testimoniano dell’esistenza di una ricca classe mercantile, che prendendo il controllo del settore dell’allevamento, diede vita ad una vera e propria proto-industria armentizia. Tali facoltosi mercanti divennero ben presto il nerbo della classe dirigente aquilana, entrando in società con i commercianti di altre regioni della penisola. Non aveva allora torto Jeronimo Pico Fonticulano, quando nel 1582, in “Breve descrittione di sette città illustri d’Italia”, parlando di Aquila scrisse: “Son qui novantadue montagne de cittadini, detti “monti d’oro”, per l’abbondanza dell’herbe et acque sorgenti, ove si pascono quantità de bestiame; cavandose un guadagno inestimabile[3]”.

Il Consilium Massariorum

Una così ingente ricchezza non poteva che scatenare conflitti tra le varie università, oltre a dare luogo ad oleati meccanismi di assegnazione dei pascoli e delle greggi. In città era il Consilium Massariorum, formato dai massari di tutte le università intus ed extra, il portavoce delle istanze dell’intero contado. Nel Quattrocento i documenti ci descrivono le modalità di gestione di terreni prativi, di selve e montagne: allevatori e agricoltori disponevano di tali risorse mediante una delega assegnata ai massari, e ricavavano i frutti degli erbaggi e dei prodotti delle aree comuni coltivate a grano, orzo e foraggi, a cui si sommava la vendita di ghiande e pomi.

Gli erbaggi e i pascoli potevano, inoltre, essere venduti a privati cittadini, a condizione che ratificassero di rivendere i diritti acquistati non appena richiesto dagli uomini dell’università[4]. Qualora si fosse trattato di un terreno boschivo, che necessitava di un preventivo dissodamento e disboscamento, l’affitto era decennale e l’affittuario era esonerato dal pagamento per un biennio. Sul massiccio del Gran Sasso, l’elevata presenza del bestiame costringeva le università del contado aquilano a stringere accordi con la feudalità confinante, per sfruttare maggiore erbaggio[5].

La guerra dei Pascoli

Tuttavia, come si diceva poc’anzi, la ricchezza porta conflitto. Già dal 1332, abbiamo notizia di liti per la delimitazione dei confini fra i castelli di Roio, Lucoli, Tornimparte, Paganica, Assergi, Preturo, Forcella, Vigio, Pizzoli, Gignano e Bazzano: “per le montagne erbate”, cioè per i pascoli, “et per la carfagnina”, cioè per la lana, come riporta il cronista Buccio di Ranallo[6]. Gli armenti erano spesso causa di ostilità e i padroni degli animali che recavano danni alla vegetazione confinante erano chiamati a presentarsi nientemeno che davanti al capitano regio, il rappresentante del re in città. Anche le fonti d’acqua, indispensabili per abbeverare il bestiame, portavano allo scontro con le feudalità confinanti, come testimonia la storica contrapposizione tra Navelli e Capestrano[7].

Tuttavia, le montagne erano anche sedi di trattati ufficiali. È il caso delle lotte di confine che interessarono per due secoli Barisciano e Carapelle, il primo rappresentato dal capitano della città di Aquila, il secondo dal Conte di Celano. Nel 1357 fu celebrato a Campo Imperatore un negoziato di pace e furono delimitati i confini. Tuttavia, la tregua durò poco e continuarono gli spargimenti di sangue, in quello che Buccio di Ranallo definì “lo male de Carapelle e anche de Barisciano”. Solo nel 1509 la guerra di confine tra le due università si vide conclusa, con l’ennesima convenzione, dopo decine di omicidi da entrambe le parti[8].

Diego Renzi


I paragrafo

[1] Le informazioni e le ricostruzioni di cui tratteremo in questo articolo sono prevalentemente tratte da “La montagna contesa. L’Abruzzo in età angioina e aragonese”, in M.R. Berardi, I monti d’oro, identità urbana e conflitti territoriali nella storia dell’Aquila medievale, Liguori Editore, Napoli 2005.
[2] Illustre è la pratica della Transumanza – a un tempo verticale e orizzontale – che collegava l’Abruzzo alle Puglie, le altitudini montane alle pianure del Tavoliere, che avremo modo di iniziare a conoscere nei prossimi articoli.
[3] Citato in M.R. Berardi, I monti d’oro, cit., p. 91.

II paragrafo

[4] “Si riporta come esempio la transazione conclusa dall’università di Chiarino con Stefano di Paolo di Marino di Pizzoli, il quale aveva acquistato ottantadue grani di territorio dell’università con la promessa di restituirlo dopo la sua morte allo stesso prezzo. Gli eredi di Stefano rivendono il territorio e restituiscono all’università i diritti che Stefano aveva sul territorio, sui pascoli e sulle erbe al prezzo di ducati centosettanta”. (M.R. Berardi, I monti d’oro, cit., p. 99).
[5] “Come testimonia la lettera inviata nella primavera del 1496 alla Camera Aquilana dal Duca d’Atri e Teramo e Marchese di Bitonto, Matteo Aquaviva d’Aragona, il quale rinnovava la sua disponibilità in lo pascere de loro bestiame quella comodità è stata possibile; nel versante teramano, nei suoi possedimenti, gli uomini dell’università di Assergi portavano e porteranno – per lo passato et per lo avvenire – a pascolare gli armenti nel periodo estivo”. (Ibidem, p. 105).

III paragrafo

[6] De Bartolomeis, Cronaca Aquilana, pp. 83-85, citato in ibidem, p. 97.
[7] “L’8 agosto 1498 la duchessa d’Amalfi, Giovanna, inviò una lettera alla magistratura aquilana comunicando di aver imprigionato alcuni uomini dell’università di Navelli, i quali, contro ogni ragione, portavano a pascolare gli animali nei suoi territori di Capestrano e soprattutto venivano ad beverare in lo fiume quale sta in mezzo el core de nostro stato”. (Ibidem, p. 109).
[8] R. Giannangeli, Terra di Barisciano, Japadre Editore L’Aquila 1974, pp. 44-45.

Seguiteci sulla nostra pagina facebook per altre curiosità su Campo Imperatore: https://www.facebook.com/frequenze.gransasso