Francesco Giuliani, il pastore poeta di Campo Imperatore

“La sera quello voleva legge, e le nonne gli strillavano, perché consumava la lume!” [1]

Lo sguardo di Francesco Giuliani racchiude una vita di cultura, giustizia e amore per la propria terra. Chicche ru cuaprare, cosi lo chiamavano i suoi compaesani, nasce il 5 agosto del 1890 a Castel del Monte; dedica la propria esistenza al gregge: 50 anni di viaggi fra il Tavoliere delle Puglie e i pascoli estivi dell’altopiano di Campo Imperatore. Una vita illuminata dalle sue grandi passioni: la lettura, la poesia e la scultura del legno. 

giuliani pastore campo imperatore
Immagine da Camminare nella storia: https://blogcamminarenellastoria.wordpress.com/2014/01/22/la-transumanza-del-pastore-poeta-francesco-giuliani/

Tra le selve e sui monti anch’io pastore
Con il gregge ed a questo affezionato
Nel bel piano di Campo Imperatore
Quante stagioni io vissi beato;
E leggevo con cura e con amore
Dante, Petrarca e l’Ariosto lodato,
Questi sempre compagni e cari amici
Per cui viver potei giorni felici.

Il disprezzo per la guerra

Se Teocrito narrava di un mondo paradisiaco, abitato da pastori poeti che esprimevano le loro passioni nei loro canti, Giuliani racconta la cruda realtà pastorale di un Abruzzo segnato delle due grandi guerre del ‘900. L’antropologa Annabella Rossi, che dedicò numerosi studi al folklore del centro-sud Italia, fu la prima a raccogliere le testimonianze di Giuliani, che le lasciò i suoi preziosi quaderni nel 1960. In seguito, gli studi della ricercatrice furono fondamentali per la scrittura di vari libri sulla vita del pastore. Nei suoi scritti, esprime sempre un forte disprezzo per la guerra, denunciando le oppressioni e le ingiustizie, incitando il lettore a diffidare di colui che promette “la pace e l’abbondanza”. 

Liberatevi un po’ dall’ignoranza,
Cercate di sapere e d’imparare
Quanto ci vuole a non farsi ingannare.

Conobbe in prima persona le atrocità del primo conflitto mondiale, riportando nei suoi quaderni la testimonianza della vita in trincea. La sua anima letteraria si evince anche nel racconto dei saccheggi dei suoi compagni, in cui ammette di aver avuto il “coraggio di prendermi un libro”. 

“In mezzo a tutto quel rimestamento di roba vidi due libri: le Rime del Petrarca, e la Leda senza cigno di Gabriele D’Annunzio; li raccolsi con premura e li misi nel tascapane [2]”.

Non c’è da sorprendersi se la sua biblioteca personale contasse 400 libri. Un portale di sapienza che proietta il pastore verso una consapevolezza interiore differente, che lo aiuta a superare le tristi memorie della guerra e le difficoltà del proprio mestiere. Solo, nell’immensità dei pascoli di Campo Imperatore o ammirando il mare della Puglia, dà sfogo alla sua vena poetica, lasciandoci un patrimonio culturale dal valore inestimabile. 

Lo scultore

“Quando facevo il pastore, quando il tempo lo permetteva, e quando le pecore stavano assise, lavoravo il legno. Lo lavoravo così, senza avere gli arnesi per poterlo fare per bene. Mi piaceva anche leggere quando le pecore stavano assise. Se invece di fare il pastore avessi fatto un altro mestiere, non mi sarei mai accorto di essere capace a lavorare la pietra e il legno[3]”

Dopo una breve esperienza lavorando in una fabbrica in Francia, torna nella sua amata terra d’Abruzzo per continuare a svolgere l’attività pastorale. Una volta in patria, non si separa più dal proprio bestiame fino a quando, passati i 60 anni, decide di andare in pensione per dedicarsi interamente alla sua altra passione: l’incisione e la scultura del legno

giuliani pastore campo imperatore
Immagine da Semi sotto la Pietra: https://semisottolapietra.wordpress.com/2019/07/15/esser-non-voglio-un-pastoraccio-incolto-francesco-giuliani-lultimo-poeta-pastore/

“Non c’era lavoro nei campi né con le pecore, e io lavoravo il legno tutto il giorno, ma non vendevo niente o quasi. In famiglia mi gridavano che non dovevo fare quegli oggetti perché tanto non si vendevano, ma io li facevo lo stesso perché avevo sempre in testa che un giorno si sarebbero venduti. Qualche oggetto lo vendevo a chi passava davanti casa e mi vedeva lavorare; i bambini si fermavano incuriositi e le mamme compravano qualcosa per una miseria. [4]”

Sebbene in principio la gente del borgo non apprezzasse le opere di Giuliani, poi negli ultimi anni esse furono oggetto di attenzione di varie mostre italiane. Sua nipote, nel documentario dedicato al pastore, conferma che gli inviti di partecipazione alle mostre continuarono ad essere recapitati, anche dopo la morte del pastore.
Iniziò a prestare maggiore attenzione nel lasciare le sue creazioni, dopo essersi reso conto che in una mostra a Firenze fu venduta una sua opera senza che egli ricevesse una lira. Oltre a sedie, forchettoni e altri oggetti di vita quotidiana, realizzava incisioni figurative e scolpiva busti di personaggi illustri. 

L’eredità culturale

Dai quaderni di Giuliani, raccolti da Maurizio Gentile nel libro Se ascoltar vi piace: dai quaderni di Francesco Giuliani, si legge dell’antica quotidianità del borgo di Castel del Monte. Una di queste è legata alla credenza che avevano gli abitanti nelle streghe. Se un bambino veniva colpito da una malattia sconosciuta, si pensava fosse opera delle streghe. Era usanza fare il giro del paese di notte e “passare sotto sette sporti”. 

“Il giro si faceva verso la mezzanotte quando le vie erano deserte, e la comare del battesimo doveva portare in braccio la creatura seguita da altre donne tutte in silenzio e, se pure si incontrava qualcuno non si doveva fare una parola, con tutto questo credevano di allontanare le streghe e far guarire la creatura[5]”.    

giuliani pastore campo imperatore
Immagine da Virtù Quotidiane: https://www.virtuquotidiane.it/cronaca/castel-del-monte-torna-a-vestirsi-di-magia-con-la-notte-delle-streghe.html

Le parole di Giuliani oggi sono tenute vive grazie all’evento che ogni estate si celebra nel borgo: la “Notte delle streghe”. Si tratta di una rappresentazione teatrale itinerante: gli spettatori sono accompagnati fra i vicoli del paese e assistono allo svolgersi della storia, rigorosamente in dialetto locale. Altro evento nato grazie alle parole del poeta è anche “Òme se nasce, bregànte se mòre”. Giuliani infatti, racconta dei briganti e delle loro gesta nel territorio abruzzese. Grande merito per la rievocazione storica degli scritti del poeta va a Marco Basile, che oltre ad aver scritto sulla storia del pastore e di Castel del Monte, cura anche la sceneggiatura degli spettacoli teatrali. 

Il fascino della figura di Giuliani ha ispirato opere musicali, teatrali e documentari. Una figura che già nel ‘900 sembrava un’eccezione e di cui, soprattutto oggi, il mondo pastorale sente la mancanza. Le tante difficoltà del mestiere, già forti nei secoli passati, sono accentuate dai ritmi di una società frenetica che ignora le antiche tradizioni. Anche se l’Abruzzo mantiene viva una piccola parte di quello che fu la pastorizia, storie come quella di Francesco Giuliani sembrano solo un ricordo perso nel tempo. 

[1]  Testimonianza presente nel documentario “Se vi piace ascoltare, Francesco Giuliani, pastore” di Isabella Micati e Alessio Tessitore, presentato al TrentoFilmfestival

Bibliografia e sitografia

Giuliani, F., 1992, Se ascoltar vi piace: dai quaderni di Francesco Giuliani, (a cura di Maurizio Gentile), Lindau editore, Torino

Basile, M., 2008, Terra mia: uomini e vicende tra storia e memoria, San Gabriele (TE): Editoriale ECO

https://www.nazioneindiana.com/2011/06/20/se-vi-piace-ascoltar-cari-signori/ [2]

pdf Centro Sociale n.39-40, 1961 – Artigianato e arte popolare:  [3-4] http://www.byterfly.eu/islandora/object/librib:28704/datastream/PDF/content/librib_28704.pdf

http://www.lanottedellestreghe.org/ [5]

https://semisottolapietra.wordpress.com/2019/07/15/esser-non-voglio-un-pastoraccio-incolto-francesco-giuliani-lultimo-poeta-pastore/

http://camminareleggendo.blogspot.com/2011/06/francesco-giuliani-storia-antica-del.html

http://www.vincenzobattista.it/quellupupa-incisa-nel-faggio-da-francesco-giuliani-gran-sasso-ditalia/

Video: 

https://www.youtube.com/watch?v=hz-K_7rY4Ac&list=PLH-Qha95qsXnhKCC2A1Dg2tT0juvQZgb3&index=11

https://www.youtube.com/watch?v=u02zmHwVHHA

Castel di sangro, la storica promozione in B del ’96

E se raccontassimo di una squadra rappresentante un paesino di 5.000 abitanti capace di arrivare in Serie B? In molti con tono molto saccente risponderebbero “ma dai!” E se aggiungessimo che questo traguardo è stato raggiunto grazie ad un giocatore che in quella stagione non ha disputato neanche un minuto in campionato? Allora il “ma dai” diventa ancora più grande. È fantasia? No è accaduto davvero. Raccontiamo la storia del Castel di Sangro, che nel 1996 ottenne il pass per la Serie B, e di Pietro Spinosa: un numero 12 che per un momento decisivo divenne un numero 1.

1980: arriva Don Pierino

Come è stato possibile tutto questo? Da tenere in considerazione che il Castel Di Sangro fino alla fine degli anni ‘70 militava nelle categorie provinciali. Poi nel 1980, nella meravigliosa terra sangrina, arriva un imprenditore pugliese: Pietro Rezza, per tutti Don Pierino. Da lì in poi il calcio castellano iniziò a decollare fino a toccare il cielo con un dito. Don Pierino ha una nipote. Maria Teresa Rezza in Gravina. Cosa? E si, perché la figlia del fratello di Don Pierino è sposata con Gabriele Gravina, attuale numero uno della Figc.

Gravina e Rezza diventarono i proprietari del club giallorosso, e nel 1989 il Castel Di Sangro si trovava già in C2. C’ era un problema però: Don Pierino odiava i riflettori. Schivo più che mai, se qualcuno riuscisse a trovare un’ intervista rilasciata da Rezza, diventerebbe milionario (forse). Ad apparire era Gravina, Rezza non risultava neanche nell’ organigramma, ma la sua parola valeva come quella del nipote acquisito.

1995 Mister promozione Osvaldo Jaconi alla guida dei tori

La marcia del Castel Di Sangro appare inarrestabile. Nel 1992 Gravina diventa ufficialmente presidente dei tori giallorossi. Gravina e Don Pierino però non vogliono accontentarsi, vogliono portare il Castel Di Sangro ancora più in alto. Bisogna fare un salto di qualità e ci vuole un trascinatore, una vecchia volpe. L’uomo giusto lo vanno a prendere a Mandello del Lario (Lecco), e passerà alla storia per essere il tecnico con più promozioni conquistate: Osvaldo Jaconi. Il tecnico lariano viene contattato nel 1993, ma non è convinto (a pensarci ora viene da ridere), e preferisce accettare il progetto del Catania. Tuttavia il club siciliano viene escluso dopo tre mesi per problemi di bilancio.

Contemporaneamente le cose in Abruzzo con Busatta non vanno tanto bene, e allora il matrimonio tra il Castel di Sangro e Jaconi arriva finalmente a compimento. Con Jaconi in panchina i giallorossi escono dalle zone basse della classifica e concludono la stagione al 7° posto. È soltanto l’ inizio. La stagione successiva il Castel Di Sangro arriva terzo e vince i play off battendo prima il Livorno in semifinale e poi il Fano nella finale di Ascoli Piceno.

Spinosa, il numero 12 che divenne numero 1

Verrebbe quasi da dire: “dai la C1 per un piccolo paese ci può stare, dove vuole arrivare in Serie B?” Si. Vuole arrivare in Serie B. L’anno successivo, Jaconi compie il miracolo nel miracolo arrivando secondo in terza Serie. Nei play off, i tori sconfiggono in semifinale il Gualdo e vanno a disputare a Foggia la finale contro l’Ascoli. Qui la storia diventa ancora più coinvolgente, perchè la storia, la fa un portiere che dietro non ha la numero 1 ma la numero 12. Si chiama Pietro Spinosa e nel ‘96 aveva 33 anni. Faceva il vice di Roberto De Juliis e quell’anno non giocò neanche un minuto. Eppure nell’ allenamento prima della finale dello Zaccaria, si erano provati i calci di rigore e Spinosa ne para 8 su 10. Jaconi avrà pensato: “questo Spinosa però, dagli undici metri ci sa fare”. La partita contro l’Ascoli è tiratissima, non bastano i 90’ per decretare il vincitore. Si arriva ai supplementari, e la gara non si sblocca. A quel punto Jaconi ha un’ intuizione.

semifinale dei playoff del ’96 contro il Gualdo
foto da il nobile calcio: https://ilnobilecalcio.it/2020/02/17/home-24/

Durante il primo extratime il mister si gira a Spinosa e gli dice: “Pietro sei pronto per portarci in Serie B? Spinosa sorride e non gli da credito e ironicamente gli risponde: “Si mister cosa devo fare?” Jaconi però insiste. “Pietro non sto scherzando vatti a scaldare!”. Spinosa per non distrarre De Julliis si riscalda di nascosto, dietro al cordone della polizia. Da lì il numero 12, si trasforma in numero 1. Spinosa para il rigore decisivo e consegna al Castel Di Sangro la Serie B. Jaconi sarà poi imitato anche dal C.T dell’Olanda Van Gaal che nei mondiali in Brasile nel 2014 Sostituì il portiere Cilessen per Tim Krul nei quarti di finale contro la Costa Rica, con quest’ultimo che parò due rigori decisivi.

Fonti: Blog di Sport, WordPress.

di Pierluigi Trombetta
leggi anche il suo articolo su Pantani a Campo Imperatore

Pantani: il pirata che conquistò Campo Imperatore

Il pirata a Campo Imperatore
fonte: https://news-town.it/sport/18328-il-giro-d-italia-torna-in-abruzzo-arrivo-a-campo-imperatore-e-omaggio-a-rigopiano.html

Era il 22 maggio del 1999. Sono passati ventun’ anni, eppure quell’impresa resta ancora viva nei cuori di tutti gli appassionati di ciclismo. E come si fa a dimenticarla. E uno di quegli eventi che appena lo rinomina qualcuno, subito bisogna replicare “io c’ ero!”. Era in atto l’82^  edizione del Giro D’Italia, e proprio per quel 22 maggio, era in programma l’ottava tappa dal sapore tutto abruzzese. Dal mare alla montagna: da Pescara a Campo Imperatore. La corsa rosa iniziava ad entrare nel vivo, e non ci sarebbe neanche bisogno di riportare il nome e il cognome dell’ uomo più atteso di tutti. Lo chiamavano il pirata… e ovviamente non deluse le aspettative.

Il Pirata

Proviamo a sbottonare i primi nomi di pirati famosi che ci vengono in mente. Tutti sono legati alla nostra infanzia: Capitan uncino, Gol D. Rogers, Jack Sparrow. Ma quando nomini “Il pirata”, lasci perdere l’uncino, i coccodrilli, i tesori e i forzieri. Quando nomini il pirata pensi a Marco Pantani. 

Ovviamente un pirata non poteva che venire dal mare. Pantani, nato si a Cesena nel ’70, ma di Cesenatico, piena Riviera romagnola. Figlio di Ferdinando Pantani  e di mamma Tonina Belletti, che vendeva piadine nel lungomare. Da bambino Marco, iniziò a praticare diversi sport, come la caccia, la pesca e il calcio, nel quale era anche bravino. Poi però, l’amatissimo nonno Sotero gli regalò una bicicletta: da li fu un’altra storia.

Perché lo chiamavano il pirata? Ve lo ricordate il look di Pantani? Uno che va in giro con una bandana, l’orecchino e il pizzetto, come altro lo vuoi chiamare? E quando scattava in salita poi, sembrava proprio uno di quei corsari prossimi ad assalire la ciurma nemica. A lui il merito di aver riportato il ciclismo ai tempi di Coppi e Bartali, di aver riportato questo sport ad essere popolare come era un tempo. Il calcio dagli anni ‘60 in poi aveva prevalso sulle bici, eppure adesso, affianco ai Totti, ai Del Piero e ai Ronaldo, tra gli idoli degli italiani c’era anche Pantani.  Il ‘98 fu l’anno d’oro con Marco che riuscì proprio a replicare Coppi, vincendo nello stesso anno il Giro e il Tour, restando fino ad ora l’ultimo ciclista a compiere questa impresa. 

La tappa di Campo Imperatore 

Si parte alle 9 e 10 da Pescara, verso le vette del Gran Sasso. Inizia a piovere e di brutto e nelle fasi finali ci sarà anche nebbia. In montagna ci sono appena 3 gradi. Sono le 16:04 il gruppo di testa e a 2km e mezzo dall’ arrivo: Pantani scatta. Il pirata non si gira, non si volta: va dritto per la sua strada senza mai riporsi sul sellino.  Ivan Gotti, ci prova a tenere testa a Marco, ma quanto cavolo pista! Gotti prova a dare collaborazione, ma è simbolica. Sembra quasi dire: “Io non ti aiuto non perché voglio fare il furbo, ma perché proprio non ce la faccio a tenerti il passo”. Pantani scatta ancora, si gira rapidamente: Gotti non c’è più. Tanta la gente in massa accorsa nonostante l’insolito freddo di maggio. Il pubblico inizia ad omaggiare il pirata: non aspettavano altro che lui. 16:19 Pantani conquista la tappa e la maglia rosa. Alle sue spalle Jimenez a 23’’, Zuelle a 26’’ e Gotti che alla fine si piazza 4′ a 33’’. Taglia il traguardo con un lieve sorriso e alza rapidamente la mano destra. La tifoseria inizia a sventolare una bandiera nera con un teschio. 

Imprendibile, per quasi tutti…

Sarà l’inizio di un giro che Pantani che per le strade dominerà. Era davvero imprendibile per tutti, non per i poteri forti. A 2 tappe dal termine,  quel giro in maniera indegna venne strappato dalle sue mani. Dopo la vittoria a Madonna di Campiglio infatti, Pantani venne escluso dalla corsa rosa. Sul suo sangue venne riscontrata una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito. In tempi recenti, si sta facendo chiarezza su quei giorni ed è sempre più probabile l’ipotesi di un intervento della camorra. Il sangue di Marco sarebbe stato deplasmato.  La sua carriera prenderà una ripida discesa da quel 5 giugno, ma il mito del Pirata resterà impresso nei cuori di tutti.

Fonti: Repubblica, biografie online.
Video: https://www.youtube.com/watch?v=F0kfzCa_6h8

Pierluigi Trombetta