Intersezioni – Milano

Intersezioni nasce nel 2015 all’interno delle classi di musica elettronica del Conservatorio G.Verdi di Milano e racchiude un gruppo di dj, elettronici informatici, musicisti e performers dell’ambiente accademico.

Esplorando le diverse realtà musicali contemporanee, tra le quali quella della club culture, la scena rave e la stessa musica contemporanea, è nata la volontà di imparare da ognuna di esse, di valorizzare ogni singola “intersezione” che quotidianamente si presenta, mantenendo sempre un occhio critico e un proposito qualitativo.—————Intersezioni è un concetto, un esperimento, un evento, un etichetta discografica, un team che si impegna a connettere e valorizzare il mondo della musica elettronica a 360°Ha alle spalle piu’ di 70 eventi e collaborazioni, con: Dude Club, Mantra Club, Macao, Leon Cavallo, Paci Paciana, Burg Schnabel, Teatro Arsenale, Mmt Creative Lab, Comune di Milano, Zero, Sotto Suono, Upstairs, Acquario, Ermenegildo Zegna, condividendo ila consolle con artisti come: the Analogue Cops, Miss Djax, Somewhen, Matrixxman, Funkineven, Bjarki, Riccardo Sinigallia, Evan Parker, Walter Prati e molti altri

https://soundcloud.com/intrszn/sets/intrz001

https://intersezioni.bandcamp.com/releases

Rae

Rae (Giulia Francavilla) è nata a L’Aquila in data 08/12/1994. Batterista in varie band della città, tra il 2012/2013 si avvicina alla composizione e alla musica elettronica e si trasferisce a Torino. Studia in conservatorio e inizia a maturare idee inizialmente attraverso l’utilizzo di hardware (gameboys, campionatore) producendo musica a 8-bit sotto il nome Akoùe. Gradualmente se ne allontana concentrandosi su softwares e algoritmi.

Nel 2015 incontra l’etichetta Light Item per cui inizia a produrre le prime tracce (Batch 002) e a proporre i primi live in festivals e clubs italiani tra cui Leoncavallo (Milano – Gameover 2015), Light Item Night (Casa Pomposa-Rimini) Light Item DIY Festival (Bari/L’Aquila), Connessioni Caotiche Festival (Macao, Milano) Frequenze dal Gran Sasso (L’Aquila), HERE 2018 (Cavallerizza Reale, Torino), Cyberspazi05 (Macao, Milano), Studio Loos (L’Aia). Il fulcro della sua musica è nel senso di immersione nel suono come via per esplorare la dissoluzione di sé. Sperimenta attraverso catene complesse di processi, noise, glitch, feedback, e utilizza il ritmo come una guida attraverso stati di diverse densità. A Novembre 2018 pubblica il primo EP dal titolo Thema (Light Item). Vive attualmente a L’Aia dove studia nel Royal

Conservatory.https://lightitem.bandcamp.com/album/rae-thema-ep

https://soundcloud.com/rae00000

Fiore di fulmini – Lorenzo Cervelli

Lorenzo Cervelli è un artista dell’Accademia di Bella Arti di L’Aquila. Vive da sempre a Greccio, in provincia di Rieti, ma ha accettato volentieri di partecipare alla prima edizione di Frequenze dal Gran Sasso, con la sua opera Fiore di Fulmini. Nasce come grafico, grazie agli insegnamenti ricevuti in Accademia, ma soprattutto con tanta auto-formazione nell’utilizzo di Software per la post-produzione di foto e creazione di immagine.

Durante questi ultimi anni a L’Aquila ha potuto apprendere e sviluppare varie tecniche di Incisione con relativa stampa.La sua ricerca artistica si concentra spesso sulla sperimentazione di reazioni chimiche. La sua proposta per il festival, Fiore di fulmini, si basa sulla formazione delle figure di Lichtenberg. Non sono altro che disegni creati da una scarica elettrica all’interno o sulla superficie di un materiale isolante.

Collettivo Frequenze – La forma del Suono

Fra le attività proposte nel Festival “Frequenze dal Gran Sasso”, i partecipanti hanno potuto assistere all’esperimento di Alessandro Fiordigigli e Luca Pasquali. I due hanno riproposto l’esperimento di Ersnt Chladni, che permette di osservare come il suono generi delle figure armoniche su una lastra metallica.

Alla fine del XVIII secolo, Chladni cominciò degli esperimenti sulle vibrazioni delle onde sonore che avrebbero portato alla formazione di un ramo della scienza che oggi chiamiamo Cimatica. Determinanti furono anche gli studi di Lawrence Blair e Hans Jenny. Collegarono una lastra di metallo a un oscillatore, mettendo della polvere di licopodio sulla lastra. Generando una vibrazione (Chladni in realtà provò l’esperimento passando un arco di violino sulla lastra), dimostrarono che i granelli di polvere si disponevano in figure ordinate, che dipendevano dalla forma, lo spessore, la grandezza della lastra e dalla frequenza. Si può quindi enunciare la seguente legge: “Per piastre dello stesso materiale, della stessa forma e che producono le stesse figure di Chladni, le frequenze di vibrazione sono direttamente proporzionali al loro spessore e inversamente proporzionali alle loro superfici“. Mentre Alessandro lavorava sulla struttura dell’impianto seguendo le teorie dello scienziato, Luca, grazie agli insegnamenti ricevuti nell’Accademia di Belle Arti di L’Aquila e della facoltà d’Arte dell’UPV di Bilbao, si è dedicato all’incisione delle figure sulle lastre, per poi produrre una serie limitata di opere tramite un procedimento di stampa. Durante il festival Frequenze dal Gran Sasso del 2018 le stampe sono state esposte per il pubblico presente al Rifugio di Lago Racollo.

Frequenze dal Gran Sasso 2018

Il 28 luglio 2018 non avevamo ancora chiaro quale fosse il nostro obiettivo. Non c’era un progetto vero e proprio, ma solo tanta voglia di metterci in gioco e provare a creare qualcosa dal nulla. L’accoglienza del Rifugio di Lago Racollo fu indispensabile per dare concretezza a ciò che stavamo pensando. Dopo un primo tentativo con Sui Sentieri Dei Pastori, un evento che si muoveva più sulla valorizzazione del territorio, decidemmo di proseguire in una direzione che abbracciasse anche il mondo dell’arte e della musica. Dalle proposte di vari artisti e musicisti, organizzammo un Festival che in seguito avrebbe dato il nome al progetto: Frequenze dal Gran Sasso.

Nel pomeriggio vennero organizzate attività artistiche: all’interno del Rifugio era possibile vedere una mostra di incisione di Cervelli Lorenzo e Pasquali Luca, studenti dell’Accademia di Belle Arti di L’Aquila, con la collaborazione di Fiordigigli Alessandro. I tre dimostrarono davanti ai partecipanti dell’evento il loro processo di sperimentazione che li aveva portati a realizzare le stampe. Durante la serata, dopo il concerto di musica sperimentale dei Blackpoint45, si susseguirono alla console vari artisti di Intersezioni (associazione milanese immersa nel mondo dell’elettronica) e Rae, della stessa etichetta discografica dei Black Point 45: Light Item. Fra gli abeti rossi presenti all’esterno del rifugio, fu allestito un telo su cui venivano proiettate in loop immagini del territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.

Frequenze – Chi Siamo

Frequenze è un collettivo di ragazzi cresciuti nell’aquilano. Il progetto nasce dalla volontà di creare spazi ed eventi per valorizzare il territorio, l’arte, la cultura e le tradizioni del nostro intorno. Ciascuno di noi si muove in ambiti differenti, ognuno spinto dalla propria passione per contribuire a qualcosa che abbia un valore non solo culturale, ma anche sociale.

Frequenze è trovare un’armonia fra il nuovo e l’antico, fra sperimentazione e tradizione, fra natura e arte.

Siamo spinti da interessi differenti: ci sono persone che hanno la passione per la montagna e hanno voglia di organizzare escursioni per far conoscere i sentieri e i luoghi che caratterizzano il nostro paesaggio; artisti che cercano uno spazio per esprimersi anche nei posti che li hanno visti crescere; scrittori che vogliono contribuire a diffondere la cultura tramite articoli online trattando di svariati temi; altri che vivono fuori la nostra regione, chi per motivi di studio, chi per lavoro, ma non dimenticano le proprie radici; altri ancora che pur non essendo di queste terre, in un modo o nell’altro hanno deciso di abbracciare il progetto e offrire il proprio aiuto. Sono proprio le nostre differenze a favorire la varietà di temi che vogliamo affrontare insieme a voi!

D’altronde, anche frequenze diverse, con il tempo, tendono ad armonizzarsi per il principio di risonanza; un fenomeno che provoca un aumento significativo dell’ampiezza delle oscillazioni, che corrisponde ad un notevole accumulo di energia all’interno del sistema sollecitato.

Promuovere eventi che siano il frutto di una ricerca artistico-culturale può essere uno stimolo per tante persone. Inoltre gli articoli che pubblicheremo sul web, uniti all’impegno che ognuno di noi metterà nel condividere le nozioni e le curiosità del proprio campo di competenza, renderanno questo progetto un’esperienza unica, un’occasione preziosa per sviluppare idee e cultura insieme. Il confronto con altre persone, appassionate, impegnate, con esperienze proprie e con qualcosa da raccontare ci aiuta a crescere. Ognuno di noi vuole impegnarsi per migliorare sé stesso e, di conseguenza dare il suo piccolo ma quotidiano contributo per migliorare il mondo.

Zafferano: Dalla Terra alla Cucina

Fra la fine del mese di ottobre e l’inizio di novembre, da secoli ci si dedica alla raccolta dei fiori di zafferano. Diventato ormai una specialità della cucina aquilana, lo zafferano delle nostre terre è stato iscritto nel registro nel Registro delle DOP con Reg. CE 205/2005 della Commissione del 04/02/2005 che completa l’allegato del Reg. CE 2400/1996 per l’iscrizione delle Denominazioni.
Per valorizzare questa antica tradizione, il collettivo Frequenze, in collaborazione con il Consorzio per la tutela dello Zafferano dell’Aquila DOP e il ristorante La Cabina di Castelnuovo, vi propone una giornata dedicata all’oro rosso d’Abruzzo! Un percorso che ci porterà dalla terra alla cucina, per scoprire il processo della raccolta e della preparazione dei piatti più ricercati della nostra città.
Si parte proprio dal ristorante La Cabina, alle ore 8.00, con un pulmino messo a disposizione dall’organizzazione, compreso nel prezzo di partecipazione. Si arriva quindi alle terre di Civitaretenga, dove i ragazzi del Consorzio ci renderanno partecipi del loro lavoro e della loro passione a stretto contatto con la terra. Ci faranno sentire subito a casa, grazie anche all’allettante colazione che ci verrà offerta, a base di deliziosi dolci, ovviamente, allo zafferano.
Alle 11.30 ripartiremo con il pulmino per tornare al ristorante La Cabina, dove ad accoglierci ci sarà lo chef Nello Cozzolino. Il suo ristorante è da anni famoso per i piatti che abbracciano i prodotti tipici abruzzesi, fra i quali non può mancare lo zafferano. Con una dimostrazione pratica nella sua cucina, ci insegnerà come preparare i piatti che, successivamente, avremo il piacere di gustare. Il menu prevede:

Antipastino della casa
Pasticcio di farro con pancetta affumicata e zafferano dell’Aquila DOP
Strozzapreti con ricotta di pecora e zafferano dell’Aquila DOP
Arista al forno con erbette di montagna e bacche di ginepro
Patate al forno
Dolce allo zafferano
Vino in caraffa
Caffè

Adesso l’unica cosa che vi resta da fare è prenotarvi al numero 3458393893 (Alessandro) o al 3486257239 (Diego). In alternativa potete contattarci sulla nostra pagina facebook: https://www.facebook.com/frequenze.gransasso.
Vi aspettiamo Domenica 20 Ottobre alla scoperta dello zafferano!

Sui Sentieri dei Pastori

Sin dal XIII secolo i pastori di Barisciano e delle limitrofe terre della baronia del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, nella stagione estiva, sono soliti condurre con cura le loro greggi verso i verdi e rigogliosi pascoli del territorio dell’altopiano di Campo Imperatore.
“Frequenze”, nel suo intento di risvegliare lo spirito di tradizioni antiche tramandate di generazione in generazione, propone un itinerario alla ricerca delle silenziose tracce di un passo lento e quasi dimenticato, un viaggio autentico nel ripercorrere le strade così tante volte battute nella nostra storia ed ancora meritevoli di un cammino di contemplazione: questo e molto altro è stato “Sui Sentieri dei Pastori”.

Con partenza alle 8.00 di mattina dal laghetto appena fuori il borgo di Santo Stefano di Sessanio, il percorso si è snodato attraverso il passaggio “della Retola”, prima che avvenisse il ricongiungimento con i pastori Antonio e Lorenzo Damiani, guide spirituali del gruppo, nella zona di “Valle Cupa”. Ad accompagnarci c’era anche Enzo Mezzini, accompagnatore di media montagna iscritto al Collegio delle Guide Alpine d’Abruzzo. Successivamente per il cammino si sono incontrate i ruderi dell’antica chiesa di “Santa Maria ai Carboni”, costruita nel XII secolo dai monaci Cistercensi per la gestione delle coltivazioni di legumi e cereali e foraggi. È proprio grazie a queste colture che nell’area si sono sviluppati piccoli villaggi agro-pastorali, ai quali si deve la costruzione delle Locce, delle particolarissime grotte scavate nei naturali pendii della valle per lasciar riposare le greggi, le quali inoltre danno il nome all’intera conca, detta appunto “Piana delle Locce”
Dopo un’abbondante “colazione del pastore” a base di pane, salumi e formaggi, il cammino è proseguito per la “Fossa Piana” fino a giungere al suggestivo “Lago di Passaneta”, dove le pecore hanno avuto la possibilità di abbeverarsi. Il sentiero è continuato fino alle rovine della chiesa di “Santa Maria del Monte di Paganica”, luogo in cui vivevano i suddetti monaci Cistercensi, e infine, dopo una breve sosta, si è ripartiti alla volta di “Prato del Bove” fino ad arrivare, attorno alle ore 13, al “Rifugio di Lago Racollo”, meta dell’escursione, dove ci si è rifocillati con una calda zuppa di ceci e, ovviamente, con gli immancabili arrosticini.

In definitiva, una splendida giornata in ottima compagnia nel cuore delle montagne d’Abruzzo.
Ma non preoccupatevi! Qualora vogliate vivere questa magnifica esperienza, ma ve la siete persa l’estate scorsa, il viaggio alla riscoperta dei sentieri dei pastori verrà riproposto ogni anno, alla fine del mese di giugno.

Raffaele Di Filippo

La Via del Vecchiaccio: l’impresa di Bini e Plumari

Fonte: STEFANO ARDITO. Storia dell'Alpinismo in Abruzzo. Edizioni Ricerche&Redazioni (2014)

Da sinistra, Stefano Ardito e Vito Plumari.
Fonte foto: STEFANO ARDITO. Storia dell’Alpinismo in Abruzzo. Edizioni Ricerche&Redazioni (2014)

Di sicuro le vette del Gran Sasso D’ Italia in ogni stagione alpinistica richiamano centinaia e migliaia di appassionati da ogni parte d’ Europa, vogliosi di scalare la cima più grande degli Appennini. In passato vi fù anche un curioso dilemma su quale fosse l’ effettiva altezza del Corno grande. 2912 sono i suoi metri, anche se in passato qualche libro di geografia birichino lo alzava di 2 centimetri. Così come nel calcio, anche la montagna vede un rapporto speciale tra L’Aquila e Bologna. I colori della società calcistica rimandano alla gloriosa compagine felsinea (ma questa è un’ altra storia…), mentre il primo scalatore ufficiale del Corno Grande è appunto un bolognese: Francesco De Marchi. Alpinista, Speleologo e Ingegnere (in epoca rinascimentale si faceva un po’ di tutto), che scalò la vetta più grande del Gran Sasso nel 1576.

Da un Corno Grande a uno Piccolo

Piccolo si, ma più complesso. Il Corno Piccolo ( quinta vetta del Gran Sasso) affascina scalatori e arrampicatori per le sue pareti di liscio calcare che offrono linee di salita, che stando al parere di esperti  e non, sono tre le più belle al mondo. E intorno agli anni ’70 la storia del Gran Sasso si incrocia con quella di due grandi alpinisti: Pierluigi Bini e Vito Plumari. Il rivoluzionario solitario da una parte e il vecchiaccio dall’ altro. Vecchiaccio, proprio come la via della parete ovest della seconda spalla. Uno dei sentieri più famosi e frequentati. Aperta da Bini, Plumari e Massimo Marcheggiani, la via segue delle bellissime fessure e nell’ abitudine dei ripetitori, supera una placca attrezzata a chiodi a pressione, mentre l’ originale passa più a sinistra e ha un passo piuttosto difficile. La via ha un tratto di VI gradi nella placca dell’Aquilotti 72 per poi viaggiare sul V grado. 

Bini

Un ragazzo di borgata, della Roma verace e che in primo piano da ragazzino preferisce mettere l’ alpinismo  piuttosto che il calcio. E la sua carriera gli darà ragione. Nella sua epoca il vero alpinismo lo si faceva solo in Himalaya e nelle Alpi e gli unici alpinisti conosciuti erano Compagnoni, Lacedelli e il mitico Bonatti, autori della scalata del K2. Un rivoluzionario solitario, si potrebbe definire Bini in sole due parole. Prima si cimenta in calate usando per lanciarsi corde da cantiere. Poi inizia a sperimentarsi nelle arrampicate, arrampicandosi su tutto ciò che a Roma fosse arrampicabile: tubi del gas, scarpate, alberi e ponteggi. Il padre era preoccupato, perché il figlio era fissato con le corde e arrampicandosi sotto i ponti non andava più a scuola. Chiese consiglio ad un amico che lo indirizzò al Cai: “Così gli insegnano qualcosa, altrimenti s’ ammazza, e poi vedrai che gli passa.” E invece no.  Bini e la ricchezza si trovavano in due mondi paralleli, ma quando hai talento e passione da vendere allora i soldi contano fino ad un certo punto. Fa capire al mondo intero che pur non essendo valdostano o tirolese, può applicare tranquillamente le leggi di Messner su l’ arrampicata libera. Si contraddistingueva dagli altri nel concatenare molte solitarie (ci risiamo), alternando salite a discese. Pierluigi è un rivoluzionario, e quindi anche un radicale. Ma è anche una persona semplice e modesta che poteva scalare sia con un grande alpinista, sia con un dilettante della montagna. 

Il Vecchiaccio

E quando il rivoluzionario incontra il Vecchiaccio, allora la trama inizia a farsi consistente. Tale Vito Plumari: siciliano di nascita, alpinista per passione, bidello di scuola per professione. Heinz Maracher definì Plumari come “l’ unico vero alpinista, quello che arrampica per se stesso solamente, uno sciamano alla stregua del Don Juan dei libri di Castaneda.” Come raccontato dallo stesso Bini, la collaborazione era nata perché serviva una macchina, e il Vecchiaccio a differenza del gruppetto di ragazzini ne aveva una. Poi nacque una stretta e affettuosa amicizia che durerà per 20 anni. Il rivoluzionario solitario e il Vecchiaccio, due figure tanto diverse ma con un punto in comune: l’ avventura.  

Nel 1977, la cordata Bini, Marchegiani e Plumari aprono la via del Vecchiaccio, ma nell’ ultimo e duro tratto ripiegarono  per i chiodi a pressione della vicina Aquilotti ’72, evitando una liscia e improteggibile placca di calcare compatto. Successivamente lo stesso fuoriclasse romano, insieme a Raffaele Bernardi, salì anche il tiro più difficile, realizzando la via più dura del Gran Sasso. La rivoluzione sta nel fatto che gli spit e i chiodi non venivano utilizzati per le salite delle placche. Niente di più rischioso, perché tra un protezione e l’ altra bisognava proseguire molti metri senza  protezioni. Rischio che il rivoluzionario di borgata ha commesso ed è stato ben ripagato.

Fonti: Gogna blog, Storia dell’ alpinismo, Abruzzo verticale. 

Pierluigi Trombetta